I confini nazionali sul web sono destinati a durare: la strategia della Commissione è ben lontana dalla creazione di un mercato unico digitale in Europa – questa è la mia valutazione sul progetto di mercato unico digitale trapelato ieri.
L’ambizione di ‘abbattere i silos nazionali‘ nell’ambito del copyright ha lasciato il posto al mercato della politica: le misure contro il geoblocking sono state barattate con quelle severe sulle infrazioni. La Commissione sta facendo un errore enorme nel cedere alle pressioni dell’industria in un settore in cui gli europei, a migliaia, hanno chiesto più Europa!
Dobbiamo porre fine alla pratica di bloccare le persone i contenuti digitali in base alla loro posizione geografica. Quando il documento parla del ‘portabilità’ dei contenuti legalmente acquistati, si dimentica che in molti paesi europei una grande quantità di opere ad oggi non sono soggette ad acquisto. Servizi di streaming come YouTube sono finanziati dalla pubblicità, emittenti pubblici da tasse e utilizzatori. L’introduzione di una portabilità dei contenuti acquistati quindi, non cambierebbe il fatto che molte delle opere rimangano non disponibili nel proprio paese.
La Commissione vorrebbe consentire il geoblocking ‘laddove i costi connessi con il commercio elettronico transfrontaliero fossero troppo alti’. Quel che servirebbe invece non è solo un ‘roaming per Netflix’, ma un Internet senza frontiere e senza discriminazioni. Alle minoranze culturali e linguistiche per esempio, non deve più essere impedito, tecnicamente, l’accesso all’offerta culturale trans-frontaliera. Offline questo è un principio fondamentale dell’UE, non dobbiamo quindi rinunciare alla sua attuazione digitale.
A meno di sostanziali modifiche alla bozza di progetto, l’UE continuerà ad avere 28 diverse legislazioni sul diritto d’autore e non si può pensare di mettere in piedi un mercato unico digitale senza armonizzare quantomeno eccezioni e limitazioni. Così facendo in alcuni Stati membri continuerà ad essere illegale condividere una foto di un punto di interesse pubblico, il che è francamente incomprensibile. Le quotidiane attività online delle persone saranno sempre soggette a incertezza giuridica, dalla semplice condivisione di un collegamento ad abitudini più avanzate come le citazioni di contenuti audiovisivi. Le start-up europee, la cui importanza peraltro viene sempre gridata a gran voce dalla Commissione, contnueranno ad essere ostacolate dal set delle 28 regole così come le istituzioni culturali quali biblioteche e archivi.
Le violazioni di diritto d’autore, d’altra parte, vengono trattate nel progetto come si trattano la propaganda terroristica e l’abuso sessuale sui minori. La Commissione sembrerebbe voler considerare l’obbligo, per le piattaforme online, di monitorare attivamente i contenuti degli utenti. Questo approccio non soltanto minaccia ulteriormente i diritti online delle persone, ma aumenta i costi relativi allo sviluppo delle piattaforme online, che diventerebbero accessibili solo a poche grandi aziende presenti sul mercato.
Se la Commissione europea non rafforza in modo significativo questo progetto, ci perderà l’opportunità di creare un mercato unico digitale europeo che funzioni. Posso solo sperare che l’osservazione ‘evidence [is] still needed here’ non indichi che l’unica cosa da fare sia quella di giustificare il piano.
Julia Reda è l’incaricata del Parlamento EU per il report sulla valutazione della Direttiva sul Copyright del 2001. La Commissione per gli Affari Legali esprimerà il proprio voto sul suo report il 6 e 7 maggio 2015. La votazione plenaria è prevista per il 10 giugno 2015.
Per quanto possibile ai sensi di Legge, il creatore ha rinunciato al Copyright ed ai diritti correlati connessi a questo lavoro.